“Il cibo è tutto! È il modo in cui ci esprimiamo come persone, lo facciamo attraverso il nostro cibo", secondo Francesca*, "Gli italiani e il cibo, un bellissimo rapporto, ed è così che vogliono essere visti; come coloro che si prendono cura, che nutrono ... il cibo fa parte di tutto questo”.
Nel corso della sua vita, Francesca ha attraversato periodi di anoressia, bulimia e disordine alimentare di baldoria (BED, o ‘binge eating’ in inglese).
La sua esperienza è stata raccolta dalla ricercatrice Michelle Caruso, University of South Australia, che ha esplorato le connessioni tra disturbi del comportamento alimentare, genere, cultura e cibo.
"Le donne (che hanno partecipato allo studio) hanno riflettuto sul fatto che la vista, i profumi e i sapori di alcuni cibi italiani contenevano significati simbolici profondi legati alle proprie tradizioni e alle celebrazioni culturali e religiose", spiega Caruso a SBS Italian.
Il ruolo della vista, dei sapori e dei profumi sui ricordi
Le emozioni veicolate dal cibo, prosegue la studiosa, producono un senso di connessione con la famiglia di origine e sono infuse di ricordi.
"Le donne hanno anche esplorato l'idea che le emozioni siano associate al ricordo di essere nutrite e al loro rapporto con il cibo durante l'infanzia, l'adolescenza e l'età adulta".
La ricerca dal titolo "”, utilizza il termine “alimentazione disordinata", piuttosto che “disturbo alimentare " - come comunemente vengono definite le patologie che vanno dalla anoressia nervosa alla bulimia nervosa - per dare all’argomento una specifica connotazione culturale, che prescinde dalla condizione medica individuale.

'There is a necessity for educators and practitioners in the area of disordered eating to look beyond pathologising assessments and interventions.' Source: Getty Images
I ricordi di un piatto preparato dalle loro madri e nonne, suscitano in queste donne sentimenti di amore, sicurezza e cura
'Il cibo è tutto, il cibo è amore', è uno dei temi principali emersi dalla ricerca.

Grandmother, mother and daughter in a kitchen in Signat, Italy. Source: Getty Images
'Il cibo è amore'
"Il cibo della nonna, più ne mangiavo, più l'amavo e più lei mi amava", dice Carmela*, un'altra partecipante allo studio.
Il cibo è profondamente associato al ruolo primario delle madri e delle donne come coloro che nutrono e si prendono cura della famiglia.
“I ricordi di un piatto preparato dalle loro madri e nonne, suscitano in queste donne sentimenti di amore, sicurezza e cura”, spiega Caruso.
Le donne italo-australiane intervistate assegnano al cibo un ruolo complesso: “le abitudini culturali e sociali legate al cibo hanno concorso a mantenere un certo ruolo delle donne, la loro autorità, il proprio senso di appartenenza e la connessione con la famiglia".
‘La cucina è il cuore della casa’
E poiché il cibo è amore e l'amore è un linguaggio universale, non è raro trovare testimonianze degli stessi temi in altre culture.
"Se pensiamo al detto 'la cucina è il cuore della casa', è del tutto normale immaginare le mamme in cucina, perché sono l'autorità stessa dell'amore", secondo May Zaki, autrice, life coach e naturopata di origini egiziane.
"Ecco perché la cena della nonna sa di amore, come quando si tratta di un pasto preparato dalla mamma", dice May Zaki a SBS Italian.
Le abitudini culturali e sociali legate al cibo hanno concorso a mantenere un certo ruolo delle donne, la loro autorità, il proprio senso di appartenenza e la connessione con la famiglia
“Da egiziana, posso dire che abbiamo la stessa mentalità, il cibo è un linguaggio d'amore che unisce la famiglia. Non ci riuniamo senza condividere del cibo".

May Zaki is a Sydney-based author, life coach and naturopath, originally from Egypt. Source: May Zaki/Instagram
Il cibo e l’esperienza migratoria
Secondo Michelle Caruso, esistono specifici significati e simbologie legati al cibo in molti gruppi etnici.
"Mantenere questi significati e simbolismi associati al cibo è molto importante per mantenere la propria identità dopo la migrazione", afferma.
Da egiziana, posso dire che abbiamo la stessa mentalità, il cibo è un linguaggio d'amore che unisce la famiglia. Non ci riuniamo senza condividere del cibo
"Come immigrata proveniente dal Medio Oriente, pensavo che noi egiziani o arabi, fossimo gli unici ad avere questa connessione emotiva al cibo", dice May Zaki, "ma mi sbagliavo. Più incontro e conosco persone di diverse culture, più mi rendo conto come siamo tutti psicologicamente collegati al cibo".
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Zaki ha sperimentato in prima persona come il cibo possa diventare un rifugio pericoloso durante la sua esperienza migratoria.
“Da immigrata, per questa componente emotiva di connessione, mi rifugiavo nel cibo per calmare lo stress. Ma non mi ha davvero aiutato fisicamente o emotivamente: ho preso molto peso, ero intrappolata nel senso di colpa ogni volta che mangiavo qualcosa di dolce”.
"Quindi, quando mi sentivo male con me stessa, mangiavo di più per cercare di mettere a tacere quei sentimenti fino a quando non sono rimasta intrappolata in un ciclo infinito".
Come immigrata proveniente dal Medio Oriente, pensavo fossimo gli unici ad avere questa connessione emotiva al cibo. Ma mi sbagliavo.
Il suo viaggio alla scoperta di se stessa ha portato Zaki ad aprire a Sydney “Rashaqa by May”, un servizio che aiuta le donne musulmane a mantenere un rapporto sano con il cibo e con il proprio corpo.
L’acculturazione
Maala Lal, psicologa al Sydney Psychology Group, ha dedicato la sua carriera allo studio dei disturbi alimentari in diversi contesti culturali.
"Quando gli individui devono adattarsi a un nuovo ambiente culturale - attraverso un processo chiamato acculturazione - e l'acculturazione è difficile, si possono più facilmente alterare i comportamenti alimentari in risposta o nel tentativo di far fronte all'adattamento alla nuova cultura”, sostiene la dottoressa.
“Dico sempre che il cibo è la nostra identità, è questo che rende gli egiziani uguali agli italiani o agli indiani e così via. E come migranti dobbiamo soddisfare il nostro senso di appartenenza attraverso il cibo, la musica, l'arte e i nostri modi di far festa", aggiunge May Zaki.

Dr Maala Lal has done extensive work on eating disorders across cultures. Source: Dr Mal Lal/Instagram
Beauty ideals across cultures
‘Fare bella figura’ è stato il secondo tema emerso durante la ricerca di Caruso. Soprattutto tra gli italo-australiani immigrati nel dopoguerra, comportarsi in un certo modo e mantenere un bell'aspetto era visto come un elemento "tipicamente italiano" o "molto distintamente non-australiano".
Carmela*, un'altra partecipante allo studio, ha riflettuto su come fosse responsabilità della donna mantenere la posizione di rispetto che la famiglia occupa all’interno della comunità italo-australiana: "cucinando bene e comportandosi rispettosamente”.
La maggior parte delle donne coinvolte nello studio di Caruso sostiene che questi ideali abbiano impedito loro di poter condividere in ambito familiare le proprie esperienze di disordine alimentare.
Inoltre, è importante considerare che l’ideale di bellezza cambia a seconda della cultura che si analizza: nella cultura tradizionale indiana, avere forme abbondanti è segno di ricchezza, salute e felicità, afferma la dottoressa Lal. In Australia l’esposizione attraverso i media a diversi ideali di bellezza che esaltano la magrezza secondo alcuni studi potrebbe portare all’adozione forzata del valore della magrezza per acculturazione.
Younger generations
Sebbene la maggior parte delle ricerche dimostri che le nuove generazioni sono meno influenzate dagli ideali tradizionali di bellezza rispetto alle loro famiglie di origine, May Zaki sottolinea l'importanza di creare nuovi valori legati al benessere.
"Prima le mamme sacrificavano la loro salute emotiva e fisica per il bene dei loro figli. Questo ci ha portate ad avere bassa autostima, poco amore per il nostro corpo come risultato di ciò che vedevamo essere le nostre madri. Al giorno d'oggi, è tutto un confrontarci con influencer e social media irrealistici".
D'altra parte, "è necessario che educatori professionisti nel campo dei disordini alimentari guardino al di là delle valutazioni mediche e integrino nella loro valutazione elementi di carattere antropologico, culturale e di genere”, conclude Caruso.
"Ciò consentirà una migliore comprensione delle patologie alimentari nelle donne di background diversi, attraverso il riconoscimento delle caratteristiche distintive del contesto culturale, di genere, familiare e del sistema alimentare al quale appartengono".
*Nomi di fantasia, come appaiono nello studio “Devi Mangiare!’[You have to eat!]: Experiences of disordered eating among Italian-Australian” di Michelle Caruso.
Chiunque soffra di disordini alimentari e abbia bisogno di supporto può contattare:
Butterfly: la linea di assistenza nazionale al 1800 33 4673, support@butterfly.org.au.
La linea di assistenza per i disturbi alimentari del Victoria è 1300 550 23.
In casi di emergenza o per richieste urgenti chiamare Lifeline al 13 11.
Le persone in Australia devono stare ad almeno 1,5 metri di distanza dagli altri. Controllate le restrizioni del vostro stato per verificare i limiti imposti sugli assembramenti.
Se avete sintomi da raffreddore o influenza, state a casa e richiedete di sottoporvi ad un test chiamando telefonicamente il vostro medico, oppure contattate la hotline nazionale per le informazioni sul Coronavirus al numero 1800 020 080.
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