Gli immigrati dovrebbero avere il diritto di voto in Australia?

Mentre gli australiani si accingono ad andare alle urne, milioni di persone che vivono, lavorano e pagano le tasse nel Paese non hanno il diritto di partecipare alle prossime politiche. La Nuova Zelanda concede il diritto di voto agli stranieri residenti permanenti o temporanei, l’Australia dovrebbe fare lo stesso?

Members of the public casting their vote at Kelmscott Senior High School on election day of the Canning by election in Kelmscott, Western Australia on Saturday Sept.19, 2015. (AAP Image/Richard Wainwright) NO ARCHIVING

Members of the public casting their vote at Kelmscott Senior High School on election day of the Canning by election in Kelmscott, Western Australia 2015. Source: AAP Image/Richard Wainwright

Oltre il 96% dei cittadini aventi diritto si è iscritto per partecipare all’imminente chiamata alle urne per le elezioni federali in Australia; una partecipazione da record per il Paese, dove 16,4 milioni di persone potranno dire la loro sul futuro del paese.

Tuttavia, su una popolazione totale di 25 milioni di persone, una parte numerosa di contribuenti non avrà la possibilità di decidere sulle diverse questioni dibattute in campagna elettorale, comprese alcune che li riguardano da vicino.

Di chi stiamo parlando? Di molti stranieri, con visti temporanei o permanenti, che in Australia vivono, lavorano e pagano regolarmente le tasse.

Quante sono queste persone? SBS Italian ha chiesto una stima a Emanuela Canini, agente di immigrazione di base a Sydney. È impossibile, secondo Canini, conoscere l’esatto numero di persone che si trovano nel Paese con visti temporanei quali working holiday, visti studente, ex 457 e cittadini neozelandesi residenti in Australia.

"In occasione di una conferenza che ho tenuto l'anno scorso, ho calcolato che nel 2016-17 sono stati concessi 8,4 milioni di visti temporanei, di cui 2,7 milioni erano visti a lungo termine", ha spiegato Canini.
Questi dati, inoltre, non indicano il numero preciso di persone che si trovano effettivamente nel Paese perché non tengono conto di coloro che erano presenti da prima, né di coloro che sono partiti prima della scadenza del visto.

Secondo il Professor Joo-Cheong Tham, direttore della Electoral Regulation Research Network alla Melbourne Law School, nel 2016 i titolari di visti temporanei non turistici erano oltre 1,5 milioni di persone, ovvero oltre il 6% della popolazione australiana.

Oggi la cifra sarebbe probabilmente più alta.

"Non avendo acquisito cittadinanza australiana, queste persone non hanno il diritto di avere voce in capitolo nei processi politici del Paese" ha affermato Tham.
"Forse si capisce l'importanza del voto proprio quando non si ha il diritto di esprimerlo."
In Australia la rappresentanza politica è infatti legata alla cittadinanza, come dimostrato anche dalle vicende dei numerosi deputati con doppia cittadinanza che hanno dovuto rinunciare al loro incarico politico, come stabilito dal Paragrafo 44 della Costituzione.

In Australia, il diritto di voto è concesso solo a un cittadino "legittimo", quindi immigrati temporanei e residenti permanenti sono esclusi dal voto nelle elezioni statali e federali (sebbene possano votare in alcune elezioni amministrative locali).

Secondo il professor Tham, questo stato delle cose costituisce “un deficit significativo nella democrazia australiana.”

"Si potrebbe pensare che dare il voto ai residenti sia un'idea ridicola" ha affermato Tham, "non essendo cittadini australiani, per definizione, alcuni potrebbero sostenere che queste persone non hanno il diritto di intervenire nei processi politici del Paese."
"Representative democracy is based on all members of society having a say in the political affairs of the nation. The question is when you become a full member of the political community.”
Matteo, arrivato in Australia nel 2015, è oggi un residente permanente in attesa di cittadinanza. Intervistato da , ha raccontato a malincuore che il 18 maggio 2019 sarà per lui un giorno come un altro dal momento che non ha ancora acquisito il diritto di votare.

"Forse si capisce l'importanza del voto proprio quando non si ha il diritto di esprimerlo", ha raccontato, "lo diamo per scontato quando siamo nel nostro Paese d'origine, ma quando poi ci trasferiamo capiamo cosa significhi non essere in grado di esprimere la nostra opinione".
Cheryl Saunders, esperta di diritto costituzionale comparato alla Melbourne University, ritiene invece che "in generale, grazie al voto obbligatorio, la democrazia in Australia sia più sana che in molti altri paesi."

"Oggi la tendenza sembra essere quella di consentire ai cittadini residenti in altri Paesi di votare alle elezioni nazionali del paese di provenienza, piuttosto che concedere il diritto di voto ai residenti in un Paese di cui non hanno la cittadinanza”, ha spiegato la professoressa a SBS Italian “Forse questo cambierà in futuro, ma temo non presto".

Il giornalista australiano Peter Mares ha esaminato la questione in un libro intitolato , in cui ha esaminato casi di studenti internazionali, laureati in possesso di visti di lavoro post-studio, lavoratori qualificati (ex 457) e persone in “bridging visa.”

Secondo Mares c'è bisogno di creare un sistema di integrazione migliore per i migranti che vivono in Australia, soprattutto perché il numero di non-cittadini che vivono e pagano le tasse nel Paese continua a crescere.

Il giornalista nel suo libro ha sostenuto la necessità di creare un percorso più stabile e chiaro verso la cittadinanza, pensato proprio per chi vive in Australia da anni ma senza avere diritto di voto.
“I residenti permanenti che vivono in Nuova Zelanda acquisiscono il diritto di voto dopo un anno di residenza ininterrotta, secondo una legge entrata in vigore nel 1975", ha aggiunto Tham.

La professoressa Saunders invece ha sottolineato che la maggior parte dei Paesi limita il diritto di voto ai cittadini, almeno per le elezioni nazionali, ma che “non per questo sono considerati poco democratici."

Eppure, non tutti i Paesi limitano il voto esclusivamente ai cittadini.

“La Nuova Zelanda concedere il diritto di votare alle elezioni dai residenti permanenti, non solo ai cittadini. I residenti temporanei hanno diritto di voto in alcune giurisdizioni locali in Australia” ha spiegato Mares.

Tham cita il filosofo John Stuart Mill, che in scrive: "La caratteristica fondamentale di ciascuna democrazia è quella di concedere una adeguata rappresentanza alle minoranze… Nessuna democrazia, se non una falsa proiezione di democrazia, è possibile senza di essa.”

E mentre il dibattito si accende in Australia, è interessante consultare i capitoli passati della storia del Paese in cerca di risposte.

"No taxation without representation" ovvero "Niente tasse senza rappresentanza" fu lo slogan dei minatori in lotta per i propri diritti durante la Ribellione di Eureka, a Ballarat, nel 1854.

I minatori lottavano proprio per poter dire la loro, in quanto contribuenti, nel mondo in cui il Paese era gestito.

Il motto dei minatori venne tratto dalla Magna Carta inglese, che è lo stesso documento su cui si basa la democrazia parlamentare australiana.

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Published 17 May 2019 12:14pm
Updated 17 May 2019 1:12pm
By Francesca Valdinoci


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