Il cinema aborigeno è di nicchia? Non proprio.

C’è una tendenza a pensare al cinema indigeno australiano come a un cinema di nicchia, ma nei suoi 45 anni di storia ha fatto tanta strada. La ripercorriamo insieme a Matteo Dutto, dottorando della Monash University.

Samson and Delilah, 2009, Warwick Thornton, feature.

Samson and Delilah, 2009, Warwick Thornton, feature. Source: AAP Images

Nell’arco di 100 anni si è passati dalla raccolta di immagini sugli aborigeni australiani volta a documentare qualcosa destinato a sparire, alla celebrazione di una cultura che resiste ed ancora è fortemente presente. In particolare per quanto riguarda il cinema e la televisione, oggi si è arrivati alla produzione di film e serie televisive su temi aborigeni realizzate dai loro stessi protagonisti, che dagli anni Settanta hanno preso piano piano il controllo delle loro rappresentazioni.

Dal 1972 infatti, anno in cui viene girato il film Blackfire, considerato il primo film aborigeno australiano della storia perché girato da un regista aborigeno, Bruce McGuinness, siamo arrivati ai giorni d'oggi a film come The Sapphires, del regista Wayne Blair, che nel 2012 ha sbancato i botteghini down under incassando quasi 15 milioni di dollari. Insomma, numeri che di nicchia hanno ben poco.
Ma ai film si affiancano anche le serie televisive come Cleverman, che racconta la storia di un supereroe aborigeno che eredita il potere di questo "uomo saggio", una figura presente in molte culture indigene. La serie in sei puntate è coprodotta da Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti e appartiene a tutti gli effetti al mainstream, ma nonostante ciò mantiene la propria identità e "si fa mainstream alle proprie condizioni".
“Il cinema aborigeno ha cambiato profondamente il cinema australiano degli ultimi 40 anni”
Secondo Matteo Dutto, dottorando alla Monash University di Melbourne presso la School of Film, Media and Journalism, l’impatto del cinema aborigeno ha cambiato l’identità stessa del cinema australiano. Non solo “ha modificato profondamente l’immagine del cinema australiano all’estero e la percezione di quelllo che è il cinema australiano in Europa e negli Stati Uniti, ma ha anche avuto un forte impatto su come si fa cinema in Australia”.

Una di quanto il cinema aborigeno contribuisca a definire all'estero l'idea di cinema australiano è la realizzazione nel 2016 del primo Festival of Australian Aboriginal Cinema (La Festival du Cinéma Aborigène Australien): in un piccolo cinema di Parigi, Cinema La Clef,  in cui solitamente la programmazione è dedicata agli ultimi blockbuster di Hollywood o al cinema francese, per cinque giorni sono stati proiettati i migliori lavori del cinema aborigeno australiano.



La ricerca che Matteo Dutto ha condotto per il suo dottorato, si focalizza su come oggi vengono rappresentate e raccontate le storie di resistenza indigena all’invasione coloniale nel XVIII e XIX secolo, soffermandosi in particolare sulle storie dei leader della resistenza indigena che hanno combattuto attivamente contro i colonizzatori. In particolare "attraverso le opere di scrittori, registi teatrali e cinematografici, attivisti e artisti aborigeni, queste storie vengono mantenute vive e reinterpretate, non più solo come storie di resistenza legate al passato, ma anche come eredità di resistenza", spiega Matteo Dutto. In questo modo le storie non sono solo comprese e imparate ma hanno anche un reale impatto sul presente.

Il potere di rappresentare l’altro

Da quando gli autori indigeni hanno preso in mano la macchina da presa per raccontare storie, le dinamiche di potere di rappresentazione sono cambiate, racconta Matteo Dutto, ed è questo, secondo il regista maori Barry Barclay, quello che principalmente definisce il cinema aborigeno, ovvero l'assunzione del controllo della propria rappresentazione. L’esempio preso in esame è quello di un classico film hollywoodiano di metà anni Ottanta, che racconta l’arrivo dei colonizzatori e l'incontro con gli indigeni. Il momento viene raccontato dal regista con la telecamera posta sulla coperta della nave, rivolta verso la terra ferma: la storia prende forma dalla prospettiva di coloro che arrivano, in questo caso i conquistatori.

“Secondo Barry Barclay il cinema indigeno è immaginare la stessa scena posizionanado la cinepresa sulla spiaggia. Cambiando la prospettiva e dando il controllo a chi ha visto le navi arrivare” ha spiegato Matteo Dutto. Se il cinema indigeno fa quindi parte del cinema australiano, allo stesso tempo mantiene una sua unicità e identità, fortemente legata all’attivismo, alla comunità e alle storie che vengono raccontate e tramandate nel tempo.
“Il cinema aborigeno cerca di raccontare nuove storie da una prospettiva aborigena per mantenere vive queste storie, per mantenere viva la lingua e la cultura. Per raccontare storie che fanno parte di un presente, non di un passato distante, cancellato dalla colonizzazione.”
Per altre storie dedicate alla cultura indigena potete visitare e la pagina del progetto .

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Published 5 June 2017 1:05pm
Updated 15 June 2017 3:36pm
By Francesca Rizzoli


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