Il Dipartimento dell'Immigrazione si serve delle informazioni contenute nei profili pubblici dei social media per controllare le dichiarazioni fornite nelle domande di visto ed eventualmente chiedere dei chiarimenti quando si scoprono incongruenze.
Ad agosto dello scorso anno, in un , è stato affermato che i social media possono essere utilizzati come prova per respingere domande di visti. Nel caso specifico le informazioni contenute nel profilo Facebook del richiedente hanno compromesso la sua richiesta di protezione in Australia.
Nelle pratiche presentate al Dipartimento di Immigrazione la persona aveva dichiarato di essersi convertita al cristianesimo prima di lasciare il Bangladesh, e per questo motivo di essere a rischio di persecuzione nel caso dovesse rientrare nel suo Paese. Ma stando alle informazioni del suo profilo Facebook l'uomo risultava essere musulmano.
“Negli ultimi tempi, visto il massiccio uso dei social media come Facebook, Twitter e Linkedin, il Ministero effettua controlli incrociati per verificare la veridicità delle informazioni fornite da chi presenta la documentazione per un visto”, ha detto alla SBS l'agente di immigrazione Peter Michalopoulos.
Michalopoulos, di Ethos Migration di Melbourne, ha affermato poi che uno dei suoi clienti ha avuto delle difficoltà nella sua richiesta di partnership visa perché il suo profilo Facebook non offriva molti contenuti relativi alla sua famiglia.
In realtà il cliente non voleva apparire troppo legato a qualcuno per paura di conseguenze negative alle sue prospettive di carriera - ha spiegato Michalopoulos.
“A volte la vita delle persone non appare su Facebook così com'è nella vita reale" ha concluso Michalopoulos.
Zeke Bently, agente di immigrazione presso The Migration Place di Brisbane, sostiene che spesso ci siano delle ottime ragioni per cui esistono incongruenze tra i profili pubblici delle persone e le informazioni fornite nelle richieste di visto presentate in privato al Ministero dell'Immigrazione.
“Abbiamo avuto ad esempio un caso di una coppia di omosessuali che non avevano informazioni sulla loro relazione nei profili Facebook perché preoccupati per eventuali reazioni omofobiche". La persona in questione era originaria di un Paese del Medio Oriente dove sono in vigore leggi contro l'omosessualità.
“Secondo il Dipartimento c'era qualcosa che non andava, perché il Dipartimento presuppone che una relazione autentica debba comparire nei profili Facebook", ha affermato Bentley.
Anche Glenn Rayner, agente di immigrazione presso My Migration Agent ad Adelaide, ha avuto un cliente in una situazione molto simile.
“Ho avuto un caso di un ragazzo Hindu e una ragazza Musulmana - e la famiglia non sapeva neppure che i due avessero una relazione".
Tutti e tre gli agenti di immigrazione che hanno parlato ai microfoni di SBS si sentono di raccomandare ai richiedenti di anticipare potenziali problemi e di segnalare con una breve spiegazione potenziali incongruenze tra le documentazioni presentate a supporto della loro richiesta di visto e quelle presenti nei loro profili dei social media.
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