Questa è la storia dell’impatto dell'abolizione del visto 457 sugli italiani d'Australia. Negli ultimi mesi abbiamo raccontato molte storie dei nostri connazionali down under, affrontando l’argomento sia dal punto di vista dei giovani alla ricerca di uno sponsor, sia dal punto di vista dei datori di lavoro alla ricerca di personale qualificato.
Alessandro e Anna Pavoni, proprietari e gestori di diversi ristoranti a Sydney, hanno perso tre dipendenti nel giro di poche settimane, subito dopo l’annuncio del governo australiano.
"Tre dipendenti ci hanno detto, più o meno nello stesso momento, che dovendo andarsene dopo due anni, non vedevano più un futuro per loro qui in Australia. Erano un cuoco e due manager. Mi hanno detto 'noi non ci sentiamo benvenuti qui', e questo mi ha fatto proprio male." - Anna Pavoni
La decisione di queste tre persone di non continuare a lavorare nei ristoranti di Anna e Alessandro ha avuto conseguenze pesanti nella gestione dei locali, come ci ha raccontato Alessandro: "Erano tre dipendenti importanti, gente che gestisce un ristorante. Se vanno via tre di quelli vuol dire avere tre ristoranti in crisi. Secondo noi il Governo cambierà questa norma, se non la cambia abbiamo un grosso problema. Mezza Australia sta combattendo questa battaglia".
Uno di questi ragazzi si chiama Lucio Giannatempo, lavorava come supervisor di sala e aveva tutta la documentazione pronta per inoltrare al Dipartimento dell’Immigrazione la sua richiesta di 457. Lucio ha deciso di continuare a giocarsi le sue carte per poter costruire la sua vita in Australia e l’unica opzione possibile era per lui trasferirsi in una zona remota, una di quelle che per il Governo Australiano rientra nella lista delle regional areas e provare a chiedere un visto 187. Ci ha raccontato la sua storia.
Nella stessa settimana, altri due ragazzi hanno lasciato Anna ed Alessandro e fatto ritorno in Europa. La consapevolezza di non poter continuare un percorso lavorativo che sarebbe poi culminato nella residenza permenente in Australia, li ha portati a decidere di lasciare il Paese e di volare a Londra, con la speranza di poter trovare lì un po’ di stabilità.
Alessandro ci ha detto di capire perfettamente la loro scelta. "Se ad una coppia che viene pensando 'facciamo lo sponsor, avremo dei figli, costruiamo qui il nostro futuro, i nostri figli andranno a scuola qui' dici che forse tra due anni dovrà andare via, ovviamente preferirà andare in un altro posto nel quale cominciare una nuova vita per sempre".
Dopo quello che è successo, Anna ci ha confidato di sentirsi in una situazione complicata. Per gestire la sua attività ha bisogno di personale qualificato e non riesce a trovarlo tra gli australiani.
"Non c'è gente, non ci sono australiani che vogliono fare questi lavori. Gli australiani vedono queste occupazioni come lavori da fare mentre cercano qualcos'altro".
Anche Alessandro, che negli ultimi otto anni ha sponsorizzato più di 30 lavoratori stranieri con le sue attività di ristorazione, la pensa allo stesso modo. Su ottanta persone impiegate nei suoi ristoranti, sia dietro ai fornelli che in ufficio, soltanto una decina sono nati in Australia. Alessandro ha rivelato di essere costantemente alla ricerca di nuovo personale, ma di ricevere solo candidature di persone nate all'estero.
"Continuo ad avere curriculum di italiani, indiani, francesi. Gli australiani sono pochissimi, perché non vedono questa professione come una carriera, la vedono come un passaggio, per fare soldi per pagarsi l'Università o altro".
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